Onorevoli Colleghi! - È passato oltre un decennio dall'approvazione della legge quadro sul volontariato, legge 11 agosto 1991, n. 266. Sono stati anni importanti, sia sul piano della evoluzione legislativa che su quello dello sviluppo del volontariato e, nell'insieme, di tutto il Terzo settore.
      Il volontariato ha anticipato ed è alla base di questo processo. Infatti, la legge n. 266 del 1991 è stata il provvedimento iniziale di un lungo percorso legislativo, che ha visto successivamente l'approvazione della legge n. 381 del 1991 sulla cooperazione sociale, il decreto legislativo n. 460 del 1997 sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), la legge n. 383 del 2000 sull'associazionismo di promozione sociale, la legge n. 152 del 2001 sui patronati, l'aggiornamento della normativa sulla cooperazione internazionale e la protezione civile. Queste normative hanno sostanzialmente riguardato i soggetti del Terzo settore. Ad esse si sono

 

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aggiunti interventi normativi sui settori di impegno: la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, le problematiche della disabilità, dell'affidamento e dell'adozione, le politiche per la famiglia, il servizio civile, la tutela dei beni culturali, l'ambito dei servizi sociali con la nuova legge n. 328 del 2000, nota come «riforma dell'assistenza». In ultimo è ancora da richiamare la importante modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, che impegna Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
      Questo principio, che ha integrato il preesistente valore del libero pluralismo sociale di cui all'articolo 2 della Costituzione, tante volte richiamato dalla giurisprudenza costituzionale relativa agli organismi del volontariato, riafferma, con sufficiente chiarezza, la necessità che tutti i livelli istituzionali non solo devono rispettare, ma devono lasciare spazi adeguati alle forme espressive della libera vitalità sociale che operino nell'interesse generale. Da più parti, dopo l'approvazione di queste modifiche costituzionali, si è posto il problema della competenza a legiferare da parte dello Stato in materia di volontariato. Da un'attenta lettura del nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione appare chiaro che spetti in via esclusiva alla legge statale la competenza in tema di «ordinamento civile», espressione che notoriamente ricomprende anche il potere di definire la disciplina giuridica delle diverse figure soggettive operanti nei diversi settori. «Ciò significa in concreto - come ha ricordato il costituzionalista Ugo De Siervo - che in tema di ordinamento degli organismi di volontariato non solo resta pienamente in vigore la legge esistente, ma che ogni futura (ed opportuna) modificazione di questa spetterà solo al legislatore nazionale, mentre alle Regioni spetterà porre la disciplina sostanziale ai livelli essenziali delle prestazioni che saranno determinati dal legislatore statale».
      Spetta dunque al Parlamento legiferare in termini generali sulle materie riguardanti lo status del volontariato, anche per garantire il permanere di indicazioni quadro, valide su tutto il territorio nazionale, quali riferimento dell'attività legislativa di competenza delle regioni.
      Dopo quindici anni di applicazione della legge quadro si pone ora il problema di una sua revisione, non solo alla luce delle novità legislative di questi anni ma anche dello sviluppo del rapporto tra organizzazioni di volontariato ed enti pubblici. La legge n. 266 del 1991 ha indubbiamente incrementato tale rapporto ed è cresciuta nel mondo del volontariato la propensione a collaborare con le istituzioni locali e ad inserirsi nell'assetto dei loro servizi. Questa tendenza, tuttavia, ha messo in evidenza la difficoltà di molti soggetti a conciliarsi con la propria funzione creativa, critica e stimolatrice. Il volontariato organizzato, in pratica, si è più spesso ritrovato nel modello di integrazione piuttosto che in quello della partecipazione, con un crescente rischio di «istituzionalizzazione» e di perdita di autonomia. Si pone ora l'esigenza di rilanciare la capacità del volontariato di sostenere una funzione partecipativa.
      La coscienza critica e la volontà di diffusione di alcuni fondamentali valori di riferimento richiamano un'ipotesi di cittadino che sia parte viva ed attiva del tessuto sociale, che partecipi attivamente ai processi della vita pubblica, favorendo la crescita del sistema democratico. Ed è proprio in quest'ottica che è necessario potenziare anche un'altra funzione del volontariato, e cioè quella «promozionale», sia per quanto concerne la tutela dei diritti, che per sostenere la capacità di autorganizzazione solidale delle persone.
      Il sostegno alla partecipazione può servire a tutti come strumento per lavorare affinché la democrazia non venga ridotta a puro principio di maggioranza né, tantomeno, a mezzo di regolazione dei conflitti economici a favore dei più forti.
      Queste considerazioni non possono che condurci ad una visione «dinamica» del domani del volontariato: ri-progettare significa
 

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pensare alla costruzione di qualcosa di ancora migliore da costruire sulle fondamenta già esistenti. Ed è proprio in questa prospettiva che si innesta la necessità di modificare e integrare la legge n. 266 del 1991, per introdurre alcune innovazioni che l'evoluzione e il maturare dei tempi, nonché l'esperienza reale, possono suggerire.
      Il volontariato non può rinunciare all'impegno di promuovere una nuova cultura della cittadinanza e della partecipazione, di sostenere i diritti dei gruppi sociali svantaggiati, di sperimentare nuove forme di intervento dove l'impiego di risorse economiche risulta limitato.
      Monsignor Nervo aveva parlato di «coscienza critica per le istituzioni» nella formulazione delle leggi, nella loro attuazione e nel funzionamento dei servizi. A questa funzione critica il volontariato non intende rinunciare, anche se talvolta riceve dalle amministrazioni pubbliche le responsabilità di gestire servizi alla persona, per mantenere quegli spazi di libertà e di autonomia necessari per esercitare il ruolo di coscienza civile e di stimolo alle istituzioni. È quanto era emerso anche dal dibattito avviato nell'anno 2002 dalle organizzazioni del volontariato che si ritrovavano nella Conferenza permanente dei presidenti delle associazioni e federazioni nazionali di volontariato - CONVOL, nel Forum permanente del Terzo settore, nel Centro nazionale per il volontariato, insieme con il Collegamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato, che aveva fatto emergere non solo una forte spinta per la revisione della legge n. 266 del 1991, ma anche una rivendicazione esplicita della soggettività promozionale e politica del volontariato, originale e distinta rispetto anche alle altre forme di presenza nell'ambito del Terzo settore.
      Nel documento approvato da quelle organizzazioni in vista della Assemblea «Essere volontari oggi», tenutasi a Roma il 20 aprile 2002, si richiamava, infatti, l'esigenza di «riflettere sulla soggettività politica riconosciuta al volontariato e sul chiaro favore che la legislazione sociale dell'ultimo decennio, almeno sulla carta, continua a riservargli: patrimonio giuridico, politico e culturale che ogni tentativo di riforma della legge 266 del 1991 deve recepire e sviluppare.
      In questo senso, il pericolo è che le affermazioni di principio e le dichiarazioni di intenti siano invece offuscate ed obliterate dalla parificazione normativa del volontariato agli altri enti del privato sociale (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale) che di fatto verrebbe incentivata dall'accoglimento delle istanze di disciplina della cosiddetta impresa sociale e da un ipotetico testo unico sul Terzo settore. Al rifiuto di ogni tentativo di omologazione agli altri soggetti con cui condivide la collocazione nel Terzo settore, deve accompagnarsi altresì la consapevolezza della diversità qualitativa del ruolo relazionale che il volontariato è in grado di assolvere nell'attivazione degli interventi di rete».
      Con la presente proposta di legge si raccolgono le principali istanze avanzate dal volontariato in quel convegno, organizzato ai fini della Conferenza nazionale di Arezzo tenutasi l'11-13 ottobre 2002, a partire dalle seguenti premesse:

          a) non c'è bisogno di una nuova legge quadro, ma è sufficiente, per tutelare la specificità del volontariato, integrare la legge n. 266 del 1991;

          b) occorre scartare l'ipotesi di un testo unico sul Terzo settore, proprio per evitare ogni rischio di omologazione o di sovrapposizione del volontariato rispetto agli altri soggetti del privato sociale;

          c) bisogna evitare lo strumento della legge delega per valorizzare appieno la funzione e l'iniziativa parlamentari;

          d) è necessario potenziare la funzione promozionale del volontariato, sia per quanto riguarda la tutela dei diritti, sia per la capacità di autorganizzazione solidale delle persone e di sostegno alla partecipazione.

      Con l'articolo 1, nel confermare il testo originario del medesimo articolo della legge n. 266 del 1991 relativamente al

 

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riconoscimento del valore sociale e della funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, si estendono le finalità con riferimento alla «promozione e tutela dei diritti dei cittadini e la collaborazione con le istituzioni alla programmazione delle politiche sociali, sanitarie, ambientali, culturali e quelle inerenti i diritti civili», in coerenza con la legislazione nazionale e regionale prodotta nel corso di questi anni. Si introduce poi un comma aggiuntivo, al fine di segnalare l'obiettivo di «favorire il formarsi di nuove organizzazioni di volontariato» , accanto a quello di «consolidare e rafforzare quelle già esistenti», in un quadro di garanzia del pluralismo e dell'autonomia delle organizzazioni stesse.
      Con l'articolo 2 si conferma il principio della gratuità dell'attività e delle prestazioni del volontario, al quale possono essere rimborsate dall'organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata. Si introduce, tuttavia, una maggiore discrezionalità nella definizione delle modalità con le quali l'organizzazione stabilisce i rimborsi. Inoltre si dispone che le somme percepite dal volontario a titolo di rimborso delle spese non costituiscono reddito imponibile.
      Con l'articolo 3 si estende la definizione di organizzazione di volontariato anche al coordinamento o alla federazione di organismi e, analogamente a quanto previsto dalla legge n. 383 del 2000 sulle associazioni di promozione sociale, si definiscono esplicitamente i soggetti che non sono da considerare organizzazioni di volontariato, e che sono: i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria, le associazioni di promozione sociale e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.
      Alla lettera f) del comma 3 novellato si conferma il principio della gratuità delle cariche associative e delle prestazioni fornite dagli aderenti, ma si introduce, per il solo responsabile di organizzazioni iscritte nel registro di cui all'articolo 5-bis, la possibilità di una deroga, motivata dalla gravosità dei compiti di direzione di una organizzazione presente e operante su tutto il territorio nazionale, che può comportare l'astensione dal lavoro e la disponibilità a tempo pieno del responsabile.
      Con l'articolo 4 viene modificato l'articolo 5 della legge n. 266 del 1991, introducendo per le organizzazioni di volontariato la possibilità di fruire dei proventi «derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche a premi» e di «ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi e compatibile con le finalità» della legge.
      L'articolo 5 del provvedimento introduce l'articolo 5-bis della legge n. 266 del 1991, per mezzo del quale si istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, il registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale, presenti in almeno cinque regioni e in almeno venti province. L'iscrizione nel registro rappresenta condizione necessaria per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefìci previsti dalla legge statale e dalle leggi regionali.
      L'articolo 6 prevede che il Ministro della solidarietà sociale e le regioni compiano controlli periodici volti a verificare che le organizzazioni di volontariato rispondano ai requisiti richiesti per permanere nei rispettivi registri.
      L'articolo 7 stabilisce che le convenzioni stipulate con gli enti pubblici devono prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità che garantiscano il coinvolgimento degli utenti, in una logica di responsabilizzazione dei destinatari delle attività di volontariato.
      Con l'articolo 8 viene introdotto nel testo in vigore della legge n. 266 del 1991, l'articolo 8-bis, in materia di tributi locali, che prevede per gli enti locali la possibilità di ridurre i tributi che rientrano nella loro competenza nei confronti delle organizzazioni di volontariato.
      Con l'articolo 10 è introdotto l'articolo 9-bis, che prevede, per le organizzazioni di volontariato, l'erogazione di benefìci in
 

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materia di lavoro, attraverso forme di flessibilità dell'orario e nuove forme di organizzazione del lavoro stesso. Con il comma 1, ad esempio, l'articolo in questione prevede la possibilità, per quanti fanno parte delle organizzazioni di volontariato, di usufruire di forme di flessibilità dell'orario, quali part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, flessibilità sui turni (sempre secondo la disciplina prevista dai contratti o dagli accordi collettivi) e di organizzazione del lavoro per poter espletare le attività previste dalle convenzioni con gli enti pubblici.
      Con l'articolo 13 si prevede l'introduzione dell'articolo 11-bis, che permette alle organizzazioni di volontariato l'accesso alla comunicazione sociale radiotelevisiva, su segnalazione dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
      L'articolo 12 della legge n. 266 del 1991 viene interamente sostituito dall'articolo 14 della presente proposta di legge, e reca una pressoché totale ridefinizione dell'Osservatorio nazionale per il volontariato sia per quanto concerne la composizione che per le sue attribuzioni: esso, tra le altre funzioni, assume il compito di promuovere il coordinamento delle politiche di sviluppo delle attività di volontariato e di promozione sociale, esprime pareri e formula proposte riguardo alle normative sul volontariato in Italia e all'estero, e pubblica un rapporto biennale sullo stato complessivo del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali.
      Con l'articolo 15 viene introdotto l'articolo 12-bis, volto all'istituzione, presso il Ministero della solidarietà sociale, di un Fondo nazionale, finalizzato a sostenere le iniziative e i progetti delle organizzazioni di volontariato, con una dotazione pari a 10 milioni di euro.
      L'articolo 18, con l'introduzione dell'articolo 15-bis, si propone di attuare un deciso ampliamento delle competenze e del campo di azione dei centri di servizio per il volontariato che, finanziati dalle fondazioni, potranno sostenere l'attività del volontariato con servizi di formazione, di consulenza tecnica e fiscale nonché di sostegno generalizzato delle attività.
 

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